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"Ciò che conta è l'abitudine di imparare ad amare"

(Jane Austen 1775-1817)

La poesia d'amore...

Lizzie: Mi chiedo chi abbia scoperto che la poesia ha il potere di scacciare l'amore.
Darcy: Credevo fosse il nutrimento dell'amore.
Lizzie: Se l'amore è deciso e vigoroso, può darsi. Ma se è solo una vaga inclinazione penso che un misero sonetto lo faccia morire di fame.
Darcy: Cosa raccomandate dunque per incoraggiare i sentimenti?
Lizzie: La danza. Persino se il cavaliere è appena passabile.

Tratto da Orgoglio e pregiudizio

giovedì 27 novembre 2008

L'inutile attesa

Le mie ossa cercano le tue ossa
dal primo giorno in cui questo Creato
fu messo al mondo.

Queste mie ossa, nonostante la lunga attesa,
sono ancora orfane delle tue ossa.
Ma cenere, polvere, fieno, argilla e fango
ricoprono la mia pelle
e levigano i miei giorni di noia e inutilità dell'esistere,
che mai sono illuminati di te.

Del tuo corpo d'acciaio non vi è traccia
e il frastuono dell'assenza
rende più vivace l'offesa arrecatami dal Destino.

Perché mi ostino a cercare una ragione
che vergognosamente latita?
O forse è troppo inconsistente per evitare
una più che lecita derisione!

Ma io muoio di questo vuoto, muoio.

E le mie ossa di cenere e fango non ti attendono più...
ché tu non giungerai mai...

(poesia scritta nel periodo marzo-aprile di quest'anno - non ricordo con precisione -, non una fase troppo serena come si evince dai versi... ma prossimamente posterò liriche di quel periodo denotate da un maggior pessimismo...)

domenica 23 novembre 2008

La Mezzelfa

Senza parole da aggiungere,
me ne sto qui ferma ad ascoltare lo stupore
di un quotidiano pieno di sorprese,
che m'insegnano a crescere.

Di nuovi, giovani occhi illuminati
mi affaccio alla novità di uno sconosciuto sentire
che sorge nel mio cuore...
appena spacchettato.

Le mie mani, queste mani tornate immacolate,
tendo al sole:
bacia e carezza, bacia e carezza le linee della Vita
sui miei palmi, che sono nuove linee di una neonata nascita.

I tratti di un giovane incanto e io li dovrò svelare!

Sono una piccola creatura di flora d'inverno,
assopita sotto le foglie e i petali di fiori senza nome,
sono una figlia del Piccolo Popolo,
delicata di sentimenti appena germogliati:
mi coccolo di stupefacente scoperta!

Sono un incantevole Elfo,
sfuggito alla zona oscura e minacciosa del folto del bosco,
pronta ad irradiarmi di sole e di luna,
e nient'altro... se non questo!

Sono un piccolo, tenero, etereo e sfuggente Elfo:
danzo sola tra le foglie,
la melodia del mio popolo è serenata soltanto mia,
danzo sola tra le foglie...
ubriaca di gaia spensieratezza.

Danzo, danzo, danzo...

Poi tendo il mio orecchio a punta -
orecchio elfico, segno del popolo cui appartengo -
al canto del mondo che mi chiama a sé,
il canto del mondo è pieno di sorrisi e coccole per me:
non voglio più nascondermi nel fitto della foresta,
fredda d'amore.

(sapete, io sembro umana... ma in realtà, faccio parte del Piccolo Popolo: sono un Elfo! No, no... non scherzo! La prova che testimonia la mia reale origine... è il mio mitico... anzi, leggendario orecchio destro che è a punta!!! Ebbene sì, ho un orecchio a punta!!! D'altro canto, la mia reale natura non è un mistero: sono stata già ribattezzata "la Mezzelfa" e il mio amico Alfa mi ha dedicato un post in tema elfico... Così, ho creduto più che logico postare questa poesia che svela la mia identità... Shhhhh, mantenete il segreto, però! Shhhhh...)

martedì 18 novembre 2008

Tu sei ancora lì, passerotto

Hai un cuore di lacrime, hai un cuore di sole
che si riposa quietamente da anni, nel nido tiepido
che ti sei costruito volenterosamente.
Ci distendi le tue speranze abbastanza comodamente,
le coccoli sotto le tue piume morbide di cuscino.

Il tempo scorre, il mare non si arresta,
il mondo si rivolta su se stesso, la notte carezza il giorno,
le piante si affaccendano nella fotosintesi clorofilliana,
gli animali fanno letargo: si appisolano e si svegliano.
Tu sei ancora lì.

Il tuo sguardo di passerotto smarrito racconta le tue tribolazioni,
sorridi e dissimuli, cambi discorso... sospiri.
E sei sempre lì.
T'immagino come un'antica statua a guardia della tua Città Dorata:
che puoi ammirare da lontano, ma che non mancheresti mai di proteggere.
Per questo sei sempre lì.

Meriti che la luminosità della tua anima sia pace,
ma passando gli anni... la notte, seppur fredda, diventa gradita abitudine,
quantomeno terra conosciuta, alleata affidabile.
Premi la mano sul petto come una ferita:
lì, dove sopporti il dolore del solco, batte un germoglio di cuore da salvare!
Premi la mano sul petto e senti i tuoi battiti...
loro sanno cosa c'è da sapere e cureranno la tua piaga millenaria
che si trascina, imperturbabile degli anni.

Tu sei ancora lì, a guardia, condottiero ferito,
volgi lo sguardo al ricordo che rende belli i tuoi occhi,
ti affama e ti dà sostentamento, riempie gli spazi, ogni cosa,
rende i tuoi occhi più bagnati e più asciutti.
Accetti la tua sorte con sensibilità e con sforzo,
ma mai senza quel coraggio che ha reso forti le tue braccia
e immortale la tua anima.

Passerotto ferito! Hai un cuore di lacrime di sole assieme a te,
è l'eredita dell'amore, è l'eredità che la Terra lascia da nutrire.
Io ti chiedo la ragione e tu sorridi dolcissimo,
non dici una parola, non dici una parola,
sei sempre lì.
E questo ti basta, questo assicura un altro battito ancora alla tua ferita.

Ricordati di respirare ogni notte.
Ricordati di sognare ogni notte.
Ricordati di ciò che sei.
Ricordati che i ricordi fanno bene e fanno male:
ma sta a te dire basta... quando diventano pena e supplizio.
Ricordati dei bei ricordi.

Ricorda che una notte non dura mai tutta la notte:
è ciò che mi hai insegnato,
fa' che gli insegnamenti che hai dato a me siano buoni anche per te!

Addormentati nel tuo nido, forse la ferita sarà meno dolorosa,
addormenta le lacrime: hai un cuore di sole.
Gira lo sguardo verso la luce che nutre i tuoi ricordi,
tu sei sempre lì, tu sei ancora lì.
Rimani tutto il necessario:
ma permetti alle tue ali di muoversi ancora, un giorno...

(poesia scritta per un amico che soffre da anni, e che non riesce a trovare il senso alla sua storia, continuando a soffrire; ciò rende la sua dolcezza quasi una beffa: poiché una persona così sensibile non merita di soffrire così. Le mie parole non hanno facoltà o potere e non possono lenire il dolore... eppure, la mia speranza è che siano una luce che illumini il buio, luce che dia sollievo e illumini una nuova strada...)

sabato 15 novembre 2008

Décadence

Brindo alle macerie della mia passione,
mestamente passata a miglior vita
al termine di un'agonia durata una manciata di stagioni.

Il crepitio di una fiamma ormai spenta
è tutta la compagnia che mi resta;
e capo chino, cedo all'ubriachezza
- speranzosa del suo assolutismo -
del mio tormentoso amor di specchi infranti.

Giorni disfatti, questi miei giorni,
lasciati languire e macerare
nella svogliatezza di un'inevitabile trascurata esistenza.
Il calice del mio brindisi beffardo,
ghigno etilico di adorabile assistenza,
mi rammenta il nome delle mie recenti disgrazie.

Brindo, brindo ancora alla sconfitta!
E nessun poeta tormentato, nei secoli dei secoli,
mi rimproveri il mio scarso impegno
nell'intenzione di ben figurare
nella schiera dei migliori poeti decadenti!

Sono onesta, attenta e diligente adepta del credo melodrammatico
di ogni "giocoliere di strofe" che si rispetti!
E merito il rispetto, la considerazione e la celebrazione
di ingiallite antologie poetiche...

Abile a suscitare pena e compassione,
"poetessa-anima persa", si dirà di me!,
mi rimetto al mio calice amaro:
preludio del crollo nell'incoscienza del cuore.

Osservate, osservatemi!
Sono un'artista decadente, infine!
Ho fatto della mia disgrazia d'amore,
della mia vita,
un'opera degna dell'ammirazione del Decadentismo!

Ammirate pure lo squisito incanto di versi uniti
che imbastiscono la mia perduta esistenza sentimentale.
Sono il frutto maturo di un nuovo estetismo lirico:
esteta di bellissime brutture dell'anima!

Brindo, ancora alla solitudine di un crepitio di fiamma amica,
sulle vestigia d'una passione che fu,
stancamente tramandata;
e la decadenza del mio cuore osservo attonita!

Questa sì, seppur in armi differenti,
è simile alla decadenza dell'Impero...

(poesia che ho scritto come omaggio alla poetica dei poeti del Simbolismo francese; in particolar modo ispirandomi a "Languore" di Paul Verlaine, lirica che è il manifesto stesso del Decadentismo cui trova origine anche lo stesso termine del movimento letterario in questione. Date un'occhiata ai poeti maledetti e dintorni...)

mercoledì 12 novembre 2008

Espiare le tue colpe occuperà tutti i tuoi secoli

Espiazione

Dovrai scontare per lungo tempo la tua colpa.
Quanti secoli?

La tua giovane età vecchia di secoli

Vecchio, come quello che tu sei.
Ed è tutto ciò che sei.
Che ti resta.
Che mi resta.

Vecchio d'un secolo,
forse persino altri due o tre.
L'incapacità di manifestarsi sinceri fa di questi scherzi:
invecchia la scorza esterna e l'anima,
anima non dissimile a una pietra scura e opaca.

Vecchio, questo sei,
come la stanchezza dei giorni del tempo
che si trascinano immobili
nel solco dei dolori e turbamenti umani;
così vecchio tu sei!

E nel mentirmi sulla tua natura
l'impietoso scorrere degli anni
ha lasciato cicatrici di piaghe di sangue
sulla tua coscienza;
ha lasciato sfregiata una consistente parte di me,
che nascondo per decoro,
disinfettando, di tanto in tanto,
con garze di speranza.

Vecchio e pazzo!
E te lo grido senza il minimo rimorso!
Tu non sei altro,
no, non sei, non sei, non sei, non sei...

Vecchio, godi ogni giorno di un nuovo secolo
che accresce la tua maturità menzognera:
giacché solo qualche secolo t'invecchia,
non l'esperienza del vivere.

E dei miei sfregi non curarti:
non appartengono a te, come il resto.
Non leccare le mie piaghe:
io tanto in fiore,
eppure così solitaria creatura,
a un passo dallo sfinimento dell'età giovane...

Mi curerò da me,
con l'ausilio di un elisir di ritrovata giovinezza!

Tu impegnati a scontare la tua vecchiaia,
in quell'angolo buio di tana, di covo
che non osa menzionare la bestialità che ti compete.

Vecchio di cuore,
vecchio di testa,
vecchio di anima,
vecchio di responsabilità,
vecchio di coscienza.
Vecchio!

Gli anni impietosi non contemplano la pietà,
e non ne avranno per te.

E tu non chiedere che ti sia concessa:
contentati di rimanere vecchio in eterno.

sabato 8 novembre 2008

Il rifugio delle nuvole

Come invidio le nuvole che, se vogliono,
possono andarsi a nascondere dietro il cielo,
per piangere in pace.

Dietro al sole si rifugiano,
con maschere di piume si confondono
e di impalpabili carezze fluttuano incantevoli.

Dietro al cielo, proprio lì,
è il rifugio delle nuvole;
quando scoppiano in lacrime
e smarriscono brevemente i sensi.

Se mi fosse indicato il sentiero,
lietamente mi perderei anch'io come loro,
al riparo della gobba dolce del cielo.

Come singhiozzi di nuvola, diverrei...

Che mi sia indicato,
sì, che mi sia indicato...
il rifugio delle nuvole!

martedì 4 novembre 2008

Dimentica

Dimentica il mio volto,
dimentica le ore,
dimentica la notte,
dimentica le case,
dimentica le gioie,
dimentica le parole,
dimentica l'inchiostro,
dimentica la vita,
dimentica le speranze,
dimentica i sorrisi e le lacrime,
dimentica gli anni,
dimentica gli astri,
dimentica il tempo cattivo e la pioggia,
dimentica il raffreddore e la febbre,
dimentica ciò che mi hai insegnato,
dimentica le mie passioni,
dimentica l'egoismo,
dimentica il mio nome,
dimentica la nostra città,
dimentica di avermi promesso,
dimentica la tua faccia di carta,
dimentica il valzer delle età,
dimenticami.

Dimentica tutto, tutto quello che si deve dimenticare.
Dimentica...

E forse infine troverai un senso.
Troverai il senso di questa storia.
Troverò il senso.
Troveremo il senso.

Senso che poi potrò dimenticare.