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"Ciò che conta è l'abitudine di imparare ad amare"

(Jane Austen 1775-1817)

La poesia d'amore...

Lizzie: Mi chiedo chi abbia scoperto che la poesia ha il potere di scacciare l'amore.
Darcy: Credevo fosse il nutrimento dell'amore.
Lizzie: Se l'amore è deciso e vigoroso, può darsi. Ma se è solo una vaga inclinazione penso che un misero sonetto lo faccia morire di fame.
Darcy: Cosa raccomandate dunque per incoraggiare i sentimenti?
Lizzie: La danza. Persino se il cavaliere è appena passabile.

Tratto da Orgoglio e pregiudizio

lunedì 23 marzo 2009

Luna su Bourbon Street

Sono diventata creatura delle notti di luna.
Non più giorno per me:
solo il velo della notte a nascondere le mie miserie.
Di chi la colpa? Di chi la colpa di questo destino?
Degli sbagli di un tempo lontano... eppure, dietro l'angolo,
di un amore malsano, della follia, dell'anima venduta al diavolo.
Non ha più importanza, non più.

E' come se una canzone dolce, gotica e sfuggente raccontasse la mia vicenda:
ascoltatela e saprete tutto, senza che sia io a parlarne.
Non mi resta che camminare su questa strada desolata, bagnata dalla luna.
Ascoltando quelle note magiche... lasciatevi trascinare come me...
Io non posso fermarmi, devo essere qui ogni notte
ad inseguire la mia scia sotto il solco della luna,
col mio viso pallido e una moltitudine assieme a me...

Mi trascino su questa strada e Dio m'è testimone:
so di sbagliare e mi pento e mi dolgo ogni notte,
nondimeno, questo è il mio destino;
condannata a ripeterlo all'infinito.

L'infinita pena di questa condizione di non amore:
è accaduto tutto tempo fa, come secoli, come secoli,
sono stata promessa a questa vita, come agnello sacrificale,
sono stata promessa al buio che mi trascina...
io che non conosco più, mai più, la luce di mezzogiorno
mi è semplicemente concesso mostrarmi alla luce di mezzanotte.
Un velo di freddezza nasconde il mio ghigno amaro e bestiale:
ho le mani di peccatrice ma il cuore di una santa.
E la mia ombra è macchiata dall'ombra della luna.

Lui, lui, lui...
Lui cammina ogni giorno lungo le strade di questa città,
lui è colpevole, spregevole e indegno.
Sono rimasta molto tempo in sua attesa, di giorno, di notte,
l'ho atteso lungamente e dolorosamente, di giorno e di notte
combattendo contro il mio amor proprio, contro la ragione, contro la follia.
Ho pregato da vergine immacolata, durante l'assurda attesa.
Ho amato ciò che mi ha distrutta.
Ho distrutto ciò che ho amato.

Trascino le mie misere membra ogni singola notte tormentata.
Forse mi scorgerete, forse scorgerete la mia ombra
una notte di luna tesa lungo Bourbon Street...


(poesia ispirata alla canzone Moon over Bourbon Street di Sting, una sorta di remake! Ho letto il testo nel blog di Vele/Ivy e da lì, dietro suo suggerimento, è nata l'idea di scrivere dei versi ispirati alle suggestioni provocate dalla canzone. Questo è il risultato: ho scoperto di avere molto in comune con la gotica malinconia del testo originale...)

martedì 17 marzo 2009

Il tuo senile infantilismo e il mio cuore di stracci

Come potevo immaginare
che fosse così il finale?
Come, come potevo sapere...
Qual è la colpa?
O meglio, sì, meglio ancora:
di chi è il misfatto?
Chi di noi ha le mani colpevoli?
Chi tra noi le avrà macchiate
per sempre d'indelebile vergogna?

Acqua, perdono, amnesia del tempo che tutto scorre,
tutto dimentica: lava via l'offesa.
Trascina lontano ogni cosa, ogni...

Questa è la mia personale discesa negli inferi.
Chi mai ne ebbe il presagio?
Un destino vigliacco e muto,
incapace nel suo delirio di onnipotenza
di metterci in guardia dinanzi gli infiniti tormenti
che ci attendevano.

E ora ereditiamo dolore,
come sono miserabile!

Ma come immaginare tutto ciò?
E sulle mie mani i segni inequivocabili dell'umiliazione;
e nelle tue mani , nella tua coscienza senza volto
i segni della menzogna, dell'inganno...
e questo è troppo, in nome del cielo, troppo per entrambi!

Ora taciamo e dimentichiamo le nostre miserie,
le nostre alterne gioie.
Il tempo ci strapperà via il ricordo
e torneremo creature nuove, vergini
come un pensiero mai pensato.
Come quel sogno... appena zittito.

Il Destino scherza, si fa gioco di noi
alle nostre spalle, di certo alle mie;
che inganno ci ha teso,
tramando indisturbato la sua trama.

Un volto picassiano, di occhi e lacrime,
sul mio volto, sullo specchio;
tu cammina a capo scoperto,
a testa alta:
il tuo senile infantilismo sarà omesso
e il tuo peccato verrà nascosto,
non taciuto solamente al mio cuore,
al mio cuore... o cosa in sua vece.

Come potevamo presagire un epilogo così indegno?
Come intuirlo anzitempo?
Shhhh... questo è il momento della contrizione.
Questa è solo, banalmente follia!
Questo è... era amore!
Silenzio. Che ora, sì, che ora sia silenzio.
Ho parlato fin troppo:
adesso nascondo le mie mani vergognose
e il mio cuore di stracci... o cosa in sua vece...

17 settembre 2008

(questo è quanto è rimasto di una vicenda nata sbagliata da principio, questo è quanto rimane di un anno vissuto pericolosamente, questo è il diario di tanti sbagli da non commettere mai, mai più, questa è l'amarezza dell'amore...)

martedì 10 marzo 2009

Donna, eroina del mondo

Donna, occhi di rugiada, braccia di morbide piume,
cuore di zucchero, volontà d'acciaio;
il tuo corpo solido è la colonna su cui poggia il mondo.
Nelle tue vene scorre l'amore, come scorre il Nilo.
Donna, genitrice della Vita,
percorri i passi della tua esistenza, faticosamente,
ma con incrollabile fiducia,
dispensando nutrimento laddove vi è solo miseria.
Il sorriso e lo spirito di sacrificio sono le tue rughe d'espressione
e tu le mostri fiera all'occhio che ti osserva,
le mostri come un decoro di pizzo e di rose di spine.

Donna comune, sei proprio tu l'eroina del mondo:
perché esprimi il tuo coraggio nella realtà del quotidiano,
in quei piccoli eroismi annidati tra le pieghe di ogni giorno.
Sei l'esempio per le tue sorelle:
laddove guerre, sofferenza, male sfiancano la volontà
tu insegni a non cedere alla resa dell'offesa.

Donna, artista, regina, operaia, studentessa, amante:
centinaia di ritratti di signora evocano il tuo volto.
Ma nessuno sa veramente chi sei:
quello è un mistero che conosci soltanto tu.
Sei i mille volti della Natura e l'immortalità del Tempo.
Sei la Storia che insegna con saggezza, sei la Poesia.

Sei la resistenza al dolore!
La resistenza al pregiudizio!
La resistenza alla povertà!
La resistenza all'ingiustizia... Oh, i tuoi mille nomi!
Donna, i segni sui palmi sono le tue battaglie e le tue vittorie.
Questo mondo spesso non ti merita:
non sa comprenderti, non sa amarti, non sa portarti rispetto.
Eppure, tu donna, fiera e a testa alta,
grida le tue rivendicazioni senza paura!

Ora, fermati ad osservare l'accecante fulgore giallo della mimosa...
Ma non arrestarti ad esso: tu sei molto di più!
E permetti ad un Futuro nuovo di trovarti,
tendi le tue braccia e inclina i tuoi passi al Domani.
Donna, il mondo è tuo! Ogni giorno è tuo!
Sei la figlia prediletta di questo 8 marzo che ti celebra,
ma sei la figlia prediletta ogni giorno:
sei sempre donna, non dimenticarlo,
e fa' che la tua natura sia un privilegio ognuno di quei giorni!
Imbraccia la bandiera della tua passione e del tuo coraggio con orgoglio!
Donna, non dimenticare mai la tua forza
che ti rende fortezza sicura e inattaccabile!

2009

(poesia sul tema della festa della donna scritta per un concorso letterario)

mercoledì 4 marzo 2009

Rosa rosae II

L'ultima rosa che mi rimane,
poi non ne avrò più.
Gialla.
Gialla petalo decorata a mano,
a regola d'arte,
col prodigio d'un intricato ricamo di seta.

Sola nel vaso,
in indisturbata contemplazione di sé,
di quello che fu.
Di ciò che non fu.
Mai fu. Mai.

E' l'eredità floreale di un dono
carico di stupore e vergognosa bramosia
che mi è stato offerto.
E' l'eredità dell'inatteso e stupito pensiero
di essere donna, me!, cui omaggiare,
come si conviene,
con tipiche attenzioni floreali.

La mia rosa gialla.
Solo mia.
Ritratta in mille foto, foto gialle.
Ne sorrido divertita.

La prima rosa, mia.
Ma è anche, forse, l'ultima:
sa Dio se me ne doneranno ancora?

La sua tenera vanità di gialla rosa stecchisce,
come una diva del cinema muto,
solitaria nel suo vaso d'acqua.
La consolo con occhio indulgente,
rassicurandola circa la sua maestosità,
la osservo con tenerezza.
La giovinezza che scompare
va celebrata e accompagnata all'epoca adulta
con solenne viso serio.
Come i petali della mia rosa gialla,
scivolati nel riposo da poco, pochissimo...

Sa Dio se me ne verrà regalata un'altra, un giorno?

20 dicembre 2008

(sì, l'unica superstite delle rose della poesia "Rosa rosae")